Un buyer su 3 dall’estero: exploit di presenze Usa (+45%) e Asia (+116%), ma in crescita sono state tutte le provenienze. Forse resta un po’ in ombra il mercato italiano, giustamente si punta molto all’estero, ma alcuni dati fanno riflettere e stimolano verso un nuovo impegno. God Save The Italian Wine!
I DATI - Tutte le fonti che abbiamo ascoltato e letto lo confermano, un grande Vinitaly! 4mila espositori premiati da 93mila presenze complessive, di cui 29.600 straniere.
“La crescita rispetto all’ultima edizione – comunica “fiera” Verona Fiere - totalmente determinata dagli ingressi di buyer esteri (+20% circa) provenienti da 143 Paesi, un terzo del totale degli operatori accreditati. Di questi, oltre mille top buyer selezionati e ospitati da Veronafiere e da Ice-Agenzia.
E Vinitaly and the City, il fuorisalone veronese da quest’anno ritornato totalmente nella sfera organizzativa della fiera di Verona, ha inoltre registrato oltre 45 mila degustazioni (+50% sul 2022) da parte dei winelover nel centro storico della città”.
BUSINESS IS BUSINESS - Già nella presentazione Vinitaly aveva sottolineato con forza che la parola chiave di questa edizione sarebbe stata #BUSINESS, enfatizzando il proprio posizionamento di servizio a sostegno del settore vinicolo, tra i più strategici dell’export tricolore, rafforzando ulteriormente da questa edizione il piano di sviluppo della manifestazione, l’unica – si diceva - che ha contribuito a segnare crescita e successo del vino italiano sui mercati internazionali”.
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Un’enfasi e una sottolineatura che è stata ed è anche una risposta indiretta a quanti hanno criticato in passato l’eccessiva apertura del Vinitaly al pubblico degli appassionati, una presenza talvolta massiccia che ha sacrificato e ostacolato spesso e volentieri gli incontri BtoB agli stand con i buyers.
Un’enfasi e una sottolineatura che è anche una risposta indiretta però alle previsioni-Cassandra che – complice il fosco clima dettato dagli anni della pandemia – andavano profetizzando una crisi irreversibile del sistema fieristico, sopravanzato dai canali della comunicazione digitale. Essendo stati a Verona possiamo testimoniare che niente di tutto questo si è avverato, la fiera scoppia di salute e le utilities digitali sono decisamente al suo servizio e non il contrario, smentendo con forza scenari da fantascienza così di moda oggi tra diversi osservatori (spesso interessati, eh 12!
DOVE GUARDA IL VINO ITALIANO - Resta da capire come la grande pancia del vino italiano si ritrovi in questo scenario. Perché se è lapalissiano che l’export è decisivo per la salute del nostro sistema vinicolo tuttavia il mercato interno non va sottovalutato, soprattutto per quelle numerosissime aziende medio-piccole che non hanno la forza e forse nemmeno il prodotto per puntare più di tanto sui mercati internazionali. Da questo punto di vista certi eccessi critici nei confronti del “mondo winelover” (chiamiamolo così per intenderci) sono forse da controbattere: tra un bottiglia di vino e il consumatore ci sono passaggi sfumati di conoscenza, comunicazione e contatto che non possono essere compresi nella rigida gabbia business-non-business interpretata come un freddo algoritmo. Al contrario spesso si tratta di invece di una sottile osmosi tra il pubblico e le aziende, soprattutto in Italia, un incontro che necessita di diverse sfumature e occasioni, e il calore e l’entusiasmo del pubblico partecipante al Vinitaly lo hanno confermato.
LA CRISI DEI VINI ROSSI - Viene alla mente ad esempio il tema sollevato proprio in questi giorni dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly relativo alla crisi dei vini rossi. “Dai dati statistici si rileva un’accelerazione verso il tanto auspicato posizionamento in fascia alta delle denominazioni italiane rossiste più virtuose. In un mercato export trainato dagli spumanti (+6% nel 2022), bianchi fermi (+1,3%) con i rosati stabili, chi sembra soffrire di più è il simbolo italiano enologico per antonomasia: il vino rosso. Ma se è vero che in Italia la tipologia ha fatto peggio di tutte (-4,3% le quantità esportate) - con cali evidenti in particolare nei principali Paesi della domanda, a cominciare dai top 3 (Germania a -5%, Usa -6% e UK -8%) – la scomposizione dei dati di vendita per segmento di prezzo riserva sorprese rilevanti.
Per il presidente di Unione italiana vini (Uiv) Lamberto Frescobaldi: “Diversi mercati di sbocco stanno dando segnali di stanca nei confronti di prodotti di personalità non definita e con caratteristiche organolettiche poco consone all’evoluzione del gusto in atto. Ci troviamo da una parte con molti vini che, pur a prezzi molto accessibili, oggi fanno fatica a vendere; dall’altra con una forte domanda di prodotti di qualità, in linea con l’immagine che tutto il made in Italy è in grado di evocare. È un buon segno – ha concluso – ma serve risolvere questo sfocamento in atto tra il mercato e la produzione di molti dei nostri rossi”.
L’ad di Veronafiere, Maurizio Danese, la vede così: “Assistiamo a un cambiamento importante del posizionamento del nostro prodotto; il mondo chiede calici in grado di evocare l’italianità e noi abbiamo le potenzialità di assecondare al meglio questa richiesta di mercato. Il futuro dei nostri rossi passerà anche, necessariamente, dalle piazze emergenti asiatiche, tornate in forze a questo Vinitaly a partire dalla Cina. Dal Dragone sono infatti 130 i top buyer che ospitiamo, a cui si aggiungono operatori della domanda provenienti da 17 Paesi dell’Asia. Inoltre – ha concluso –, ripartiremo già ad aprile con un intenso programma di promozione in Cina, dalle masterclass a Vinitaly Chengdu fino alla nostra fiera Wine to Asia a Shenzhen, dall’11 al 13 maggio”.
Su questi temi puntuale l’intervento del Consorzio Vino Chianti, con il presidente Giovanni Busi che riporta l’attenzione sulla situazione economica e strutturale italiana. "Oggi le imprese, circa 3.600 quelle del Chianti, sono fiere di confrontarsi di nuovo con il mercato. Il settore agricolo è stato in sofferenza: costi più elevati per la produzione, per l'imbottigliamento, per le nostre uve. E l'Unione Europa - conclude Busi - non ci aiuta visto l'innalzamento dei tassi, che arriva in seguito all'aumento dei costi di energia e materie prime. Abbiamo bisogno invece di poter ridurre le spese per investire nei nuovi mercati. Al Governo chiediamo una sburocratizzazione: significherebbe alleviare costi spesso insostenibili e lunghe procedure, inutili tanto per noi quanto per lo Stato".
Insomma ok su tutta la linea, spingere e sostenere il prodotto italiano all’estero con Veronafiere – che dopo Brasile e Cina – punta su Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud e Far East. Ma occhio anche al mercato interno, al mondo horeca, alle piccole-medie aziende del pianeta Italia. Un capitolo aperto da non sottovalutare.
PS Vinitaly 2024 andrà in scena dal 14 al 17 aprile. Dopo WineParis 13-15 febbraio, e ProWein 10-12 marzo: non è una staffetta, ma un’altra sfida interessante, anche di questo ne riparleremo.