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Firenze, 5 maggio – Sprizza quasi ottimismo sui tempi della fine della pandemia il noto virologo italiano Roberto Burioni che, rubato al salotto domenicale di Fazio da Sara Boriosi del sito Intravino e titolare dell’enoteca Giò di Perugia, ci regala, nel corso di un’amabile conversazione, elementi semplici ma salienti per immaginare una sorta di protocollo per la riapertura di ristoranti e locali che riepiloghiamo volentieri (https://www.facebook.com/sara.boriosi)
È un Burioni ottimista, non incline a spaventare e a rimandare alle calende greche l’uscita dalla quarantena, quello che ascoltiamo. Di fronte per esempio all’ennesimo quesito-mantra-auspicio(?) “le-nostre-abitudini-dovranno-cambiare-per-sempre”, se ci dobbiamo cioè aspettare dunque un mondo nuovo, inedito, risponde allegro e categorico: IL CAMBIAMENTO è solo TEMPORANEO, e presto – aggiunge - grazie alle cure e poi al vaccino che consentiranno di affrontare al meglio le forme più gravi che il virus può scatenare (vedi casi in terapia intensiva) torneremo alla vita di sempre. Aggiungendo, rivolto ai ristoratori: “state certi che nel momento in cui questa storia finirà saccheggeremo le vostre dispense e cantine!”.
Incoraggiante anche lo scenario a breve: il virus spiega, come tutti i virus influenzali precedenti, potrebbe grazie all’estate “darci una tregua”, “chissà che il 15 giugno non sia scomparso”. “Fino al 1950 – ricorda - in Italia c’era la tubercolosi, ma non per questo si stava chiusi in quarantena…”.
Concorda inoltre che sia arrivato il momento di ricominciare: “non possiamo stare in casa altri 2 mesi”, chiosa, ricordando ovviamente tutte le cautele, le prudenze, le mascherine e… lavarsi le mani!
Considerate le modalità di propagazione del virus – le famose impercettibili gioccioline che emettiamo quando parliamo o respiriamo, resta importante la distanza di almeno 1 metro dall’interlocutore: per i ristoranti ritiene che i tavoli all’aperto saranno molto più indicati per ricominciare l’attività, posti a giusta distanza uno dall’altro. Chiaramente chi prenota insieme (famiglia o congiunti vari, per dirla con una parola in voga) siede allo stesso tavolo. Rievocando un caso cinese che ha studiato ne deduce che il ristorante è tra i luoghi meno insidiosi per un’eventuale diffusione del virus, se gestito con le dovute attenzioni e sanificazioni.
Burioni ne ha anche per i condizionatori. Chiaramente sono vivamente sconsigliati quelli che soffiano l’aria addosso al cliente (ma quello sempre aggiunge, e siamo d’accordo!) perché possono spingere più avanti eventuali molecole-virus. Diverso invece il caso di condizionatori efficienti che diffondono impercettibilmente freschezza nell’ambiente.
Insomma, via, ce la possiamo fare. Forse. Senza dimenticare i sostegni economici al settore, beninteso! Che ad oggi – ahinoi! – loro si che sono ancora nell’aria, e non c’è nessun condizionatore che li spinge…